“LA CHIESA DI SAN CASTRENZE” di Giuseppe Schirò

Tratto dalla rivista  storica “COMUNITA’ NUOVA” dall fondo Monreale,  Biblioteca Comunale dei libri del fondo moderno“Santa Caterina”

Tutti i monralesi dai  45 anni in su ricordano la bruna e poderosa costruzione che sorgeva al <Canale> al posto in cui fu costruita la palestra ginnica, ora pretura e la caserma dei carabinieri. La demolizione della <Badia Grande>, annessa alla Chiesa di S. Castrenze fu il tramonto definitivo di una istituzione che dalla fine del ‘400 al 1867, anno della soppressione, era vissuta fiorente e rigogliosa. Le vicende di questa istituzione, il monastero delle benedettine di S. Castrenze, sono una grossa fetta della plurisecolare vita di Monreale. La storia del monastero di  S. Castrenze specie nella parte economica, può essere ricostruita quasi giorno per giorno, soprattutto attraverso lo studio di 493 pezzi archivistici (registri, volumi, carpette) che si conservano, accuratamente sistemati, nel grande archivio storico della Collegiata. La Chiesa di S. Castrenze, alla fine dl ‘400 sorgeva alla periferia del paese e dava verso la campagna. Non si conosce la data precisa della sua origine, ma si può affermare che essa sorge per la devozione popolare a S. Castrenze la quale nel corso dei secoli a Monreale non è stata priva di momenti felici. Forse quella chiesetta sarebbe stata cancellata o almeno soffocata dall’espansione edilizia di Monreale, che nel ‘500 e nel ‘600 ebbe un notevole sviluppo, se nel 1499 il Card. Borgia, arcivescovo di Monreale, nipote di Alessandro VI, non vi avesse fondato e annesso il Monastero femminile di San Castrenze dell’ordine benedettino. Lo sviluppo del monastero si deve alla cura degli arcivescovi di Monreale, che vi profusero , ricchezze e lo arricchirono di privilegi, come il cardinale Cardona nel 1529, il Farnese che nel 1564 donò il terreno antistante alla chiesa ed il Venero che nel 1624 lo restaurò. Vi contribuì però largamente anche il popolo con le donazioni. Le monache poi dovevano possedere una buona dote per essere ammesse, e come il parallelo monastero maschile, presente a Monreale, fin dalle origini del centro abitato, l’ordine benedettino reclutava i suoi elementi preferibilmente tra il ceto benestante e, pertanto, quei monasteri non scarseggiavano di mezzi. L’influsso del monastero di San Castrenze  nella vita del popolo fu rilevante, non solo sotto l’aspetto religioso, ma anche sotto l’aspetto economico, commerciale  folcloristico. Nel 1508 venne istituita  una fiera agricola da tenersi ogni anno, all’inizio della stagione estiva, la terza domenica di Maggio. La fiera coincideva con una delle tre festività annuali che si tenevano in onore di San Castrenze. Essa si svolgeva nello spazio attorno alla Chiesa ed aveva lo scopo di incrementare  l’economia del monastero a cui andava una percentuale degli affari stipulati. Agevolazioni ed esenzioni venivano concesse ai commercianti che sceglievano gli otto giorni di fiera per concludere i loro affari. La fiera è estinta da molto tempo. Le finanze del monastero si accrescevano anche con le donazioni offerte da devoti ed anche con l’industriosità delle suore stesse. Così il monastero possedeva  terreni nel territorio di Monreale e fuori, una farmacia, censi su beni  immobili, fondachi e taverne in varie località, acque, mulini,  niviere  e poteva fare fronte  anche a gravi impegni in favore dell’Amministrazione Comunale. Le suore poi raggiunsero un alto grado di bravura nella preparazione di specialità locali. Ancora si parla dei  < biscotti di Monreale> che ebbero origine da loro (a molti non piacciono in verità!) . Il monastero ebbe quindi una vita fiorente. Nel corso dei secoli esso si ingrandì per accogliere le numerose suore (erano ben 36 nel 15751). Anche la chiesa venne ingrandita e abbellita, specie nel 1700. Vi si trovano ancora gli stucchi di S. Benedetto e S. Scolastica della Scuola del Serpotta, varie altre pitture pregevoli, tra cui una sacra Famiglia di Pietro Novelli e il grande quadro  centrale raffigurante la Madonna del popolo di Antonio Novelli. Il grande Matroneo, sovrastante la porta centrale d’ingresso, fa ancora ricordare la presenza di quella fiorente istituzione.  Nello spazio antistante alla chiesa vi era una bella villa- giardino di clausura. L’aspetto tuttavia più rilevante, anche se vi sono minori possibilità di dimostrazioni, è quello religioso. Vi era a S. Castrenze, un’antica e florida Compagnia di laici, dedicata a S. Castrenze ed a S. Benedetto, che raccoglieva numerosi iscritti. E’ probabile  che i relativi documenti siano quelli conservati in una vecchia cassa che ho visto diversi  anni fa in un cantuccio del matroneo della chiesa. La manifestazione più importante dal punto di vista religioso era la processione della Madonna del Popolo il cui simulacro viene portato ogni anno dalla cattedrale  a S. Castenze, nella Domenica in Albis, e vi rimane fino alla domenica successiva, quando la Mdonna ritorna alla sua sede. All’inizio, le due processioni di andata e ritorno e l’ottavario a S. Castrenze avevano un carattere religioso –politico. L’origine della manifestazione infatti risale ad un editto emanato nel 1644 dal re di Spagna ed esteso anche alla Sicilia, viceregno spagnolo. <La cattolica Maestà del nostro Re, nelle presenti necessità nelle quali si ritrova per difesa della nostra santa fede e conservazione dei suoi regni have havuto recorso alla Immacolata Vergine Nostra Signora, acciò con la Sua potentissima intercezione impetrasse da Dio la pace e quiete universale dei suoi popoli…>. In virtù di questo editto il Vicerè di allora, Almirante di Castiglia, ordinò che ogni anno il simulacro della Madonna del Popolo si portasse nella chiesa di S. Castrenze, con solenne processione cui erano tenuti a partecipare tutti gli ecclesiastici, sotto pena di scomunica  e che lì stesse otto giorni e si pregasse per la pace universale e per la difesa della fede cattolica. Le medesime  finalità di quest’editto vengono ricordate in un altro provvedimento dell’Arcivescovo Francesco Testa del 1761. Dalla data del 1644 ad oggi questa manifestazione si è svolta senza interruzione, anche se ormai si è perduto il ricordo  del movente  originario che sarebbe opportuno  riprendere nelle forme adatte ai nostri tempi. Lo splendore del Monastero cessò, come accennato, con la soppressione degli ordini religiosi  avvenuta nel 1867. Da allora la <Badia Grande> così chiamata per lo sviluppo raggiunto divenne un vecchio edificio abbandonato, finalmente demolito. Intanto la zona attorno, specie verso la campagna andava popolandosi. Le imprese private  e l’iniziativa pubblica vi costruirono una serie di edifici a molti piani, nei cui numerosi appartamenti aleggia ormai una grossa percentuale  della popolazione di Monreale. La chiesa di San Castrenze sembrò messa lì apposta per essere punto di convergenza di questa popolazione. Ed ecco che nel 1952 vi è istituita la Parrocchia. E’ la più grande e più grossa di Monreale. Tramontata la vecchia istituzione superata dalla vita che non rispetta rigidi schemi e leggi preconcette, ecco la nuova istituzione dei tempi moderni. La nuova parrocchia ha dinanzi  a sé problemi non indifferenti, dovendo realizzare la chiesa di Cristo in un ambiente quanto mai eterogeneo oltre che tanto vasto. Infatti non costituisce  difficoltà solo il numero elevato degli abitanti (che ora con l’istituzione di un’altra nuova parrocchia nella zona di via mulini, conta oltre seimila anime) ma anche le loro condizioni. La parrocchia comprende, infatti, una zona che pur appartenendo alla parte antica di Monreale si è trasformata e modernizzata con un ritmo assai più celere delle altre zone della cittadina, ed una zona interamente nuova, formata da recentissime costruzioni. Gli abitanti sono immigrati dagli altri quartieri, spesso non si conoscono fra di loro, vivono una vita diversa da quella che vivono nel luogo di provenienza. Generalmente hanno raggiunto, da maggiore, o minor tempo, un reddito fisso alquanto elevato e sono corsi a comprare <l’appartamento> nei <palazzi> per sistemarsi meglio che nella vecchia casa dove abitavano nella parte antica del paese. L’ambiente è dunque quello della città, con i conseguenti problemi pastorali. Vi sono poi anche, specie nelle case popolari,  nuclei familiari con più basso tenore  di vita e che pongono quindi altri problemi. L’attività pastorale è impostata alla luce del Concilio. Essa indubbiamente corrisponderà alle nuove attese di una chiesa in cammino che non può fossilizzarsi nelle forme e nelle istituzioni, ma deve crescere e svilupparsi secondo le esigenze dei tempi e degli uomini. Se abbiamo dato uno sguardo al passato non è per rimpiangere senilmente tempi che non tornano più, ma per attingere dalla conoscenza dei valori perenni dello spirito nuovo giovanile vigore per il futuro.   

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